Colombia, Bernal accusa “Pochi controlli antidoping” e la federazione risponde: “Abbiamo aumentato i controlli fuori corsa e investito 300 milioni di dollari”

La federazione colombiana risponde alle accuse di Egan Bernal sulla scarsa efficacia dei controlli antidoping. Il più giovane vincitore del Tour de France degli ultimi cento anni aveva insinuato che nel suo paese vengono effettuati pochi controlli antidoping in relazione agli altri paesi. Le parole dello scalatore sudamericano, rilasciate a Le Monde, hanno rapidamente fatto il giro di tutti i media fino a giungere alla sua terra natìa, suscitando la risposta di Mauricio Vargas, presidente della federazione ciclistica colombiana. Il dirigente ha replicato alle accuse del suo corridore di punta dichiarando che nell’ultimo anno sono stati aumentati i controlli in corsa e fuori e sono stati fatti investimenti in questo senso per oltre 300 milioni di dollari.

La frase controversa di Bernal si riferiva infatti proprio alla scarsità dei controlli da un punto di vista quantitativo: “Non so quanti controlli antidoping ho fatto quest’anno in Colombia. Non posso dire se uno o cento, ma sicuramente un numero più vicino a uno”.

Vargas ha poi respinto le accuse ricordando gli ultimi due casi di positività recentemente scoperti: “Continueremo a implementare il programma dei passaporti biologici. In modo che, ovunque si trovino e in qualsiasi momento, i ciclisti possono ricevere un controllo a sorpresa. Gli ultimi due casi sono stati al di fuori delle competizioni”.

Secondo i dati UCI, tuttavia, la strada per sconfiggere il doping in Colombia è ancora lunga, visto che resta la nazione con più casi recenti di positività al mondo (19), battendo Costa Rica (17) e Brasile (15). Tuttavia, viste le parole di Vargas e l’eco mediatica che continueranno a ricevere le parole di Bernal, sembra che almeno i principali protagonisti del movimento siano pronti a scendere in campo in prima persona.

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